sabato 31 gennaio 2009

L'innovazione nel contesto videoludico moderno.

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Shadow of the Colossus (ICO 2) di Fumido Ueda

La creatività e l'innovazione nel contesto videoludico moderno sotto certi aspetti è una delle utopie maggiori espresse dall'utenza del settore, sempre rincorsa a gran voce e perennemente mai in arrivo evidente. Scende a tratti, goccia per goccia, e quando arriva spesso e volentieri non viene nemmeno notata per tale o presa in considerazione, ma scartata come la più becera delle idee strampalate. A volte è la critica stessa a non accorgersi dei titoli portatori di quella stilla di saggezza in grado potenzialmente di cambiare il volto all'intero settore. Il che è piuttosto grave, visto che tal critica dovrebbe rappresentare la parte più intellettuale dell'utenza, a volte quella più matura e coordinata. Invece cosi non è, infatti sappiamo tutti come la critica spesso sbagli ed esageri nei giudizi o perpetui strani favoreggiamenti a favore di alcuni rispetto ad altri. Anche in campi diversi, come quello cinematografico per citarne uno piuttosto vicino di connotati a quello videoludico, accade la stessa cosa. Purtroppo un giudizio non è sempre facile da formulare, un po per certe questioni di etichetta ed un po perchè condizionati da alcuni fattori secondari. Ne parleremo ovviamente più avanti in una sezione che sto componendo a giorni contro la critica di settore, con prove evidenti di parzialità e sopratutto strane anomalie nei giudizi.

Quest'oggi vorrei invece soffermarmi sul concetto di innovazione per il quale viene giudicato un titolo portatore di certe qualità inedite rispetto ad altri o semplicemente se realmente questo possiede certe qualità o meno. I titoli che prendo in esame sono i più conosciuti, come Braid, Metal Gear ed ICO, tralasciando Little Big Planet in quanto evidentemente al di fuori dai connotati artistici e da una qualsivoglia innovazione, e per questo ne discuteremo sicuramente più avanti.
Quindi, partiamo dal presupposto iniziale che l'innovazione nel contesto videoludico odierno non è facile da tirare fuori. Questo dipende da molti fattori ovviamente, al quale possiamo considerare tra le principali peculiarità da non sottovalutare, la caratteristica più importante in assoluto:il budget finanziario a disposizione del progetto e la fiducia del producer verso il developer. Ogni limitazione di budget paradossalmente è una componente tecnica in meno sul risultato finale. La bella grafica fa gola a tutti, ma fortunatamente nel concetto stesso di videogame quel che la fa da padrone per antonomasia è il gameplay. La critica, come buona parte dell'utenza solitamente di origini pcistiche o semplicemente giovani inesperti o immaturi, invece tiene erroneamente in grande considerazione questo parametro superficiale che comunque finirà prima o poi per inficiare sulla valutazione critica del prodotto decretandone parte del successo o meno. Questo errore storico diciamo, causato dal basso budget è la prima causa d'incomprensione verso un prodotto portatore di innovazione, visto che a volte, ma piuttosto frequentemente, un titolo del genere tecnicamente è sottotono.

Quando invece riesce ad essere accettabile le cose cambiano vertiginosamente: Prendendo in esame titoli come Braid, spacciati per estremamente innovativi, possiamo notare come tutto il giro di vite si basa esclusivamente sulle possibilità espresse dal classico rewind video, reso più difficoltoso dalla mancanza anche a volte assurda di una di aiuti o indicazioni. Questo titolo da Live Arcade è stato in seguito spacciato per capolavoro e geniale, ma quanto realmente ha proprie queste abilità? Non è che la mancanza totale di idee del momento rende questo piacevole esperimento un qualcosa da elogiare più del dovuto?
La grafica del titolo, come potete vedere in foto è qualcosa di straordinariamente armonioso ed al tempo stesso originale, che unito ad una componente di gioco ufficialmente mai vista prima, ha portato molte persone a ritenere questa produzione come un must, simbolo dell'innovazione videoludica e del genio del suo creatore. Lasciando da parte il suo gameplay, sostanzialmente un puzzle game travestito da platform, è interessante notare come tutto questo clamore avrebbe avuto ben altra considerazione se l'autore non avesse puntato s'uno stile grafico differente. Questo perchè le proprietà intellettive dello scorrere del gioco non hanno alcun senso qualitativo se non una comunissima risoluzione a rebus dell'intermedio, tramite il citato rewind video, vero perno dove l'opera gira a dire il vero anche fruttuosamente. L'intera essenza dell'opera decantata ad arte ruota attorno ad un quadretto pastellato, una storia raccontata in testo scritto ed un level design difficile da interpretare più per mancanza che per qualità. Il prodotto ha ricevuto molti elogi da pubblico e addetti ai lavori, in netto contrasto con altre produzioni scartate bellamente o poco considerate.
Questo perchè come dicevo a volte capita che la critica loda oltremisura alcuni titoli.. Braid è uno di questi, visto che oltre tutto è anche piuttosto breve (cinque livelli) oltre che caruccio rispetto altre produzioni per il digital delivering (disponibile via download sul marketplace Xbox 360 a circa 15 euro).

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Braid di Jonathan Blow

A queste ragioni se la critica doveva davvero rappresentare una sorta di "guida per gli acquisti" dubito che Braid poteva ambire ad un voto superiore ad un "otto" pieno. Perchè anche se la sua qualità intrinseca è fuori di discussione, è comunque mantiene un certo grado di novità, ma non è un titolo da 9,5 in pagella, che quindi significherebbe chiaramente un titolo consigliato a tutti quando invece non è cosi in quanto per un utente medio risulterebbe difficile, privo di indicazioni, e breve. Insomma come investimento non è certo il massimo, ma infine quanto lo apprezzerebbe la gente poi, è quanto ripaga della spesa? Poco, perchè molti acquirenti non sarebbero in gradi di completarlo o comprenderlo, e nello stesso tempo il suo valore ed il grado d'innovazione improntata non è cosi marcato da lasciare il segno in chicchessia. Il valore artistico di Braid quindi coincide più che altro con un assioma di novità di gameplay aggiunto ad un corredo cosmetico di buon valore. Null'altro, solo questo. Che ovviamente non è poco, ma nemmeno quella perla per il quale è stato fatto passare.

Prendendo in esame invece i titoli rilasciati da Sony per opera di Fumido Ueda come Shadow of the Colossus ed Ico sono senz'altro incredibili quanto magnifici, innovativi, geniali, artistici sin dal tratto ed in ogni parte o dettaglio.
Il suo autore ed il team correlato sono stati superlativi per le opere composte e per le atmosfere, quanto un gameplay brillante e geniale, sopratutto nel monumentale Shadow of the Colossus, esclusiva Sony per la sua PlayStation 2, che meriterebbe una intera descrizione che presto mi accingerò a svolgere.
Si sa che il team di questo geniale autore attualmente è in lavorazione sul prossimo capitolo di ICO, ma quali saranno le peculiarità di questo ancora non si sa. Necessariamente potrebbe anche non essere un capolavoro paragonabile agli altri due, questo perchè per quanto considerato da tutti geniali le sue opere un autore non riesce sempre a creare un qualcosa di innovativo ogni volta. Chissà infatti per ICO 3 potrebbe optare su un congiungimento dei due titoli precedenti, oppure su qualcosa di particolarmente nuovo ma necessariamente non cosi riuscito come in passato. Insomma il percorso dell'innovazione non passa sempre dagli stessi punti, anche perchè la sua via non combacia necessariamente con quella del genio. Poi può avere un valore nel caso di un bel bouquet occasionale e non sfruttabile come Braid, ed un altro invece nel caso si tratti di produzioni capaci di lasciare il segno e creare un percorso, come per esempio i due Ico, capacI di allargare maggiormente il tiro verso una terza evoluzione di gameplay, quella artistica-fotografica, in verità poi mai riuscita (ma non per colpa loro).

A questo punto viene da chiedermi: secondo voi cosa viene più utile per il futuro del videogame, nuovi metodi di intendere un gameplay oppure nuove ambientazioni e connotati artistici che esulano parzialmente dall'aggiornamento del gameplay? Meglio una creatività attiva quindi sul gameplay oppure una passiva, su sensazioni, trama, atmosfere, fotografia ed emotività di fondo? Rispondere entrambi non guasterebbe ma sarebbe un utopia raggiungibile solo dal leggendario Zelda e poco altro, rispondere una delle due non significherebbe che l'altra è secondaria, non rispondere è quello che sta facendo l'industria in questo momento.

La prima strada, quella del gameplay, è certo dura da sviluppare, perchè tanto ormai è stato inventato che sembra sempre che più di cosi non si può. La seconda invece a parte qualche titolo particolare come i titoli già citati di Ueda (ma ce ne sono altri meno considerati, non ultimo l'eccezionale Valkyrie Chronicles di Sega..) non risulterebbe cosi difficile ed è invero ancora quasi tutta da sviluppare. Ci hanno provato ovviamente in molti ma i risultati migliori li hanno ottenuti molto di rado, con prodotti del calibro di Okami e Zelda, i due ICO e certamente opere del calibro di Shenmue. A suo modo però, trasversalmente, quello che più di tutti lo coglie in pieno è Metal Gear Solid, saga creata da Hideo Kojima a cui tal premio lo possiamo attribuire ben due volte, ovvero sia per l'innovazione delle dinamiche stealth nel 1987 con il celebre Metal Gear per MSX2 e Nes(quindi ai tempi della golden age del videogame) che nell'era moderna, nel 1998, con l'introduzione implementata alla terza dimensione, opera celebrata da alcune incredibili qualità superlative che nel complesso offrivano quell'esperienza di gioco apprezzabile ancor oggi nel capitolo conclusivo della saga ovvero Metal Gear Solid 4 esclusivo di PlayStation 3.

Nella realtà moderna fatta di produzioni tutte uguali, con l'invasione del genere fps (sparatutto in soggettiva) che quasi costringe l'industria ad uniformare tutti i generi unicamente verso quel sottogenere, Hideo Kojima ribadisce con il suo MGS4 l'importanza del carisma e della personalizzazione del protagonista ed al tempo stesso imbastisce a livello di trama e spettacolarizzazione delle scene la sua opera magna, con una qualità di produzione artistica sfiorata in passato solo da alcuni titoli e poco altro, in barba alle tonnellate di sparatutto capaci solo di sfogare le nostre frustrazioni quotidiane ma non di appagare le membra a chi vuol ancora una storia per sognare. Ora, non voglio fare passare un genere videoludico come il cancro dell'industria, tuttavia non posso nemmeno tollerare uno strapotere di questo nel confronto di altri. Che fine hanno fatto i platform, e tutti i vari generi già ricordo passato quando appena semi estinti da solo la scorsa generazione? Con il Giappone in crisi, e l'utenza nippo concentrata unicamente sulle console portatili, lo scenario videoludico attuale è carente proprio nel tipico estro orientale, risultando oggi piuttosto piatto e scontato, spesso pesante e frustrante sia nel gameplay che nelle tematiche.

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Metal Gear Solid 4 di Hideo Kojima

Il videogame sin dai suoi albori nasce con lo scopo di divertire e svagare, partendo di principio da una sola forma per poi trasformarsi in più forme, fino a raggiungere quei gradini in origine preclusi come l'emozionare tramite connotati un tempo attribuibili solo alla narrativa ed al cinema. Nella ostinazione di un confronto si è sempre finiti a sminuire questa nuova forma artistica, dove da un lato vediamo espresse forme pure di produzioni con parecchi anni di tentativi alle spalle mentre da questa parte una produzione effettivamente ancor giovane che ha da poco superato i trent'anni di età. Questo perchè visto che come base del videogame vi è da sempre l'interattività ed un gameplay, quindi una qualsivoglia forma ludica da applicare ad una certa interattività fondamentale, con l'avvento della terza dimensione queste caratteristiche somatiche del prodotto pur potendo continuare ad avere un valore da sole spesso non bastano più, ed il videogame si trasforma in una miscellanea di quante e più possibili commistioni fra diversi media e forme d'arte, fra cui predominante per ovvia assonanza spicca il cinema. Il punto però è che a tutti gli effetti il videogioco gli è superiore per coinvolgimento, in quanto è in grado potenzialmente di entusiasmare quanto e più di un film perchè tutto è vissuto da un alter-ego perfettamente calibrato con la nostra immaginazione.
Nel grande cinema però le opere da ricordare sono spesso quelle drammatiche, che sono clamorosamente assenti in ambito videoludico. Ancora adesso infatti molti ricordano le uniche punte più evidenti di drammaticità come quelle presenti in Final Fantasy VII, rese indimenticabili poi da una coreografia scenico-strutturale che per l'epoca era sbalorditiva.

L'età del videogioco ha però ormai lasciato la parte adolescenziale da qualche annetto ed ora sta toccando una media utenza appena al di sotto dei trent'anni, il che può lasciar intravedere fra un decennio una evoluzione finale del genere drammatico anche sul nostro media preferito. Inutile negare che per farlo servono degli autori dotati, che magari partendo proprio dai videogiochi più piccoli, come Braid di Jonathan Blow, potrebbero emergere senza troppe pressioni.
Per iniziare il filone basta un solo grande successo, un titolo di punta che sorprenda e venda bene sotto questo aspetto per aprire le porte ad una fila infinita di prodotti emuli. Tornando a Metal Gear Solid 4 è inutile negare che la sua presa maggiore Kojima l'ha giocata proprio su questi punti, a partire dal trailer dello Snake suicida per finire agli eventi tristi del gioco attorno ad alcuni personaggi come Naomi e le Beatiful. Basta anche notare il tratto disegnato attorno al personaggio di Raiden nel quarto episodio, davvero sorprendente quanto drammatico, proprio come le parole consumate dal suo autore definendolo "corroso dall'odio dei videogiocatori" per via delle contestazioni avute ai tempi di Mgs2. Io credo che un ottimo percorso inesplorato sarebbe proprio sviluppare questi punti, cosa già seguita a tratti da alcuni sviluppatori ma mai perfettamente percorsi. Si vocifera che potrebbe essere Heavy Rain il primo a farlo, ma personalmente covo dei dubbi per la resa finale, visto il precedente lavoro
del team con il buonino Fahrenheit (anche se adesso sotto ci sono i soldi di Sony).

Siamo però nell'era degli fps, ogni cosa è un fps.. si può recriminare quanto si vuole, ma anche Heavy Rain rischia di passare sotto lo sguardo di molti solo perchè mancante (forse) di una componente action. Ma chissà che in fin dei conti non sia altro che una tappa intermedia verso uno sbocco migliore? La gente prima o poi si stuferà di sparate per quindici ore di gameplay, eppoi comunque molti di questi hanno con se delle piacevoli trame, come Bioshock e The Darkness, magari anche leggerine ma appaganti per l'esperienza che sono. Spesso sono incorerenti, fantasiose, strambe, stupide o quanto magari avvincenti quel che basta. Filano via come un film di Van Damme o Seagal oppure seguono modelli più da fumetto d'autore. Mancano le opere più serie è vero, ma poi davvero le vogliamo? Potrebbero bastarci le punte di drammaticità a cui siamo abituati, i sparuti racconti epici o per i meno esigenti un pretesto da chiamare trama. Insomma, ogni eccesso è sbagliato, anche in questo caso, ma la situazione odierna non è molto felice ed attualmente il difetto evolutivo dell'industria si muove proprio attraverso tre punti fondamentali quanto negativi: Una standarizzazione dei generi sotto uno o due sottogeneri dominanti; la prima vera crisi di idee dall'avvento della terza dimensione; la misera considerazione verso il lato narrativo dell'opera. A coadiuvare il tutto una cultura medio-bassa dell'utenza ed una critica sempre più verso l'oblio per incoerenza e basse competenze.

Io credo che tramite la riflessione di un mondo fantastico e parzialmente credibile come quello di MGS, carico di tutte le sue tematiche, si possa incrociare uno sbocco da questa crisi di idee. La soluzione è dietro l'angolo, basta solo puntare sulla strada giusta. Ma finchè ci si ritrova sempre vincolati da una esagerazione giuridica verso i titoli che magari godono di meno magnificenze grafiche o tecniche a scapito di quelli che invece sviluppano altri tratti siamo costretti a riconsiderare ogni presunzione di maturità del media. Io poi questa critica non la reggo più davvero, già solo aprire una pagina a caso di quella che doveva essere la miglior testata italiana, ovvero Game Pro, mi viene da vomitare. Potrei poi discuterne per ore, ma preferisco evitare per una prossima sede di critica.
Le potenzialità in mano all'industria sotto uno scenario futuro sono altissime, e non mi meraviglierei che un giorno vi saranno dei simulazione di vita virtuale pari a quella vera, senza alcuna interfaccia e con possibilità varie per l'utente da non sottovalutare come il poter fare carriera quanto l'unirsi alla macchia, creare legami amorosi come allo stesso tempo interagire con oggetti e dinamiche fino ad ora sconosciute. Possiamo solo stare a guardare ogni possibile evoluzione, facendo finta di non stancarci mai e sopratutto senza guardare mai indietro.

(danleroi)

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