mercoledì 3 settembre 2008

Siren Blood Curse


Ultimamente sembra che siano svaniti quei bei survival horror che tanto dieci anni fa profetizzavano come evoluzione del videogame. Questo purtroppo in favore ad un infinità di sparatutto in soggettiva che ormai rappresentano la norma per lo sviluppo di un videogioco. A volte nascono alcuni crossover fra i due generi, magari acquisendo del tipico survival horror di matrice capconiana solamente l'atmosfera o alcune caratteristiche ma nulla di più. Un ibrido perfettamente riuscito di questi generi è per esempio Condemned di SEGA, che ha saputo qualitativamente imporsi come miglior gioco dell'orrore degli ultimi anni, raccogliendo lo scettro proprio da quel Forbidden Siren per la vecchia cara Ps2 che tanta qualità aveva portato al genere. Siccome dagli USA non arriva più niente di questo genere, la sana dose di orrore di cui necessitiamo e trattiamo in questa recensione arriva ancora una volta dal Giappone, ed è proprio il seguito di quel eccellente gioco sviluppato da SCEI: Siren Blood Curse.

Rifacendosi in gran parte alla tipica cinematografia orientale, Keiichiro Toyama, già autore del primo Silent Hill, ha reinventato il genere horror più volte creando una struttura innovativa dalla quale i Siren derivano, mettendoci al comando di svariati personaggi, in un contesto prettamente di evasione e di strategia più che di battaglia. La storia è frammentaria, e si passa da un protagonista all'altro apparentemente senza alcun filo logico. L'obiettivo è la ricostruzione per intero della storia originale, alla quale pure il videogiocatore agli inizi è tenuto all'oscuro. Lo sfasamento temporale che caratterizzava i due precedenti episodi è stato eliminato in favore di un arco di tempo lineare e cronologico in modo che questi aiuti ci diano una mano a tenere insieme tutti i pezzi del puzzle in modo molto più solido e fruibile. Infatti proprio la mancanza di aiuti nella comprensione, porta il mistero e l'incertezza nel passo del videogiocatore, che perdendo tutti i contatti metareferenziali con la realtà, cerca ed investiga, a tu per tu con la frustrazione, come se davvero si trovasse dentro al videogame. Questa caratteristica purtroppo lo porta a non essere apprezzato dalla massa come invece con i best seller di Konami e Capcom, tuttavia la critica intelligente ha spesso elogiato lo sviluppo di questo titolo, prettamente indirizzato ad una fascia di utenza hardcore. I motivi sono da ricercarsi nella indubbia complessità generale del titolo, strutturalmente complesso e fin troppo intrecciato e di conseguenza a volte estremamente frustrante.

In questo episodio di Siren, come appunto puntualizzavo, riferendosi alla cinematografia jappo, Scei ha adattato i visi ed i nomi dei personaggi in tratti occidentali, per la precisione americani, proprio come accaduto con i film The Ring, The Grudge ecc.. per venire incontro ai gusti del pubblico europeo ed americano. L'obiettivo quindi, come logico, per una serie che non riesce a diventare un blockbuster è modificare qualcosa ed adattarsi all'utenza. Dotato di una grafica forse un pò scarna ma visivamente fotorealistica, Siren vanta alcuni tra gli scenari più inquietanti mai apparsi in un survival horror, resi ora ancor più terrorizzanti dalla alta definizione, che anche grazie anche all'ausilio di una devastante colonna sonora, che pervade l'intero gioco di terrore puro. Proprio come le leggende giapponesi, Siren coglie l'occasione di spaventare per parlare di una tragedia che affonda nei tempi più antichi. Dopo l'uscita assai deludente di Alone in the Dark, ci ritroviamo per le mani un titolo che probabilmente anche se non innovativo occupa proprio in quel ruolo visto la sua attuale unicità nel genere, in attesa di un poco promettente nuovo episodio di Silent Hill ed un Resident Evil oramai fuori genere, perchè sempre più gioco d'azione che vero Survival. Siren il suo ruolo fondamentale lo gioca come sempre in sordina, al nascosto da sguardi indiscreti, perchè solo chi ha occhi per vedere merita di giocare e comprendere Siren. Tutti gli altri tornino pure ai consueti sparatutti da quattro soldi.

A fronte di un prezzo budget di soli 29,99 euro per il download dal PlayStation Store e di un livellamento della difficoltà tipica della serie, in favore di una maggiore giocabilità ed immediatezza, è impossibili non consigliare a chiunque questo titolo, tenendo presente che in ottobre uscirà una versione in BD probabilmente per dieci euro di più. Fate la vostra scelta, mentre io mi limito a consigliare questo titolo a tutti coloro che cercano in queste serate di fine estate un brivido con cui chiudere la serata in attesa di una nuova e stancante giornata lavorativa. (danleroi)

+ comparto tecnico ottimo e terrorizzante.
+ bilanciamento della giocabilità
+ pauroso quanto il prezzo economico

- struttura di gioco frammentaria e frustrante


Voto: 8,5 su dieci.

martedì 2 settembre 2008

Soul Calibur IV


Il principale obiettivo dei programmatori con Soul Calibur IV era riuscire mantenere intatti i valori ludici e di gameplay al passaggio a next generation della oramai storica serie iniziata nel 1995 con Soul Edge sulla prima Playstation. Nel 1998 con il suo seguito, Soul Calibur, però i programmatori sono riusciti senza esagerare a compiere dei veri e propri miracoli: I personaggi poligonali si spostano ora a velocità assurde, e le loro movenze assomigliano più ad una danza elegante piuttosto che a un brutale massacro, il quale sostanzialmente ogni picchiaduro rappresenta. Negli anni seguenti, forte anche del successo ottenuto, Namco periodicamente si è invece limitata ad aggiornare la serie aumentando la personalizzazione dei personaggi e delle ambientazioni, arricchendo il più possibile di modalità di gioco ogni titolo, evolvendo quindi il primo concetto di Soul Calibur sempre più, fino ad arrivare a questa quarta incarnazione, quinta in generale.

Non è possibile descrivere in modo esaustivo gli effetti speciali contenuti in questo picchiaduro, poiché l'intero gioco è un effetto speciale. Graficamente il prodotto è ora eccelso, con giganteschi modelli poligonali ricoperti da scintillanti armature che piroettano con eleganza menando fendenti spaccagambe, mentre con disinvoltura l'avversario risponde all' attacco con altrettanta prestanza, in un perfetto equilibrio di suoni e colori. Il tutto con estrema scioltezza, come se fosse la cosa più naturale del mondo. Non si ha infatti il tempo di ammirare il vortice di artifici visivi che turbina sullo schermo, poiché si è troppo impegnati a schivare centinaia colpi che un ben congegnato sistema offensivo, nelle mani sapienti di un buon videogiocatorem sa dare. Anche i ritmatissimi temi musicali, composti con tono spesso epico, sono capaci di accelerare i battiti cardiaci e prepararci per il combattimento, oppure celebrarci una volta questo sia terminato, magari dopo aver spezzato le reni all'avversario. Non parliamo poi degli effetti sonori, tirati fuori anch'essi con sicura qualità: spade che si intrecciano in battaglie senza tempo, producono l'effetto di una fragorosa rumoranza metallica, sicuramente sublime a chi cerca una verosimiglianza anche nella controparte audio. Siccome poi alla Namco sono molto fantasiosi, per sorprenderci questa volta sono stati inseriti personaggi provenienti dall'universo di STAR WARS come il maestro Yoda per la versione "buona" di Xbox 360 e Darth Vader per quella malefica di PlayStation 3. Infine probabilmente a spot pubblicitario entrambe le versioni hanno il personaggio de: l'Apprendista, protagonista del mediocre STAR WARS: The Force Unleashed di prossima uscita.

La storia in un picchiaduro come al solito è un pretesto e questo non fa eccezione, nonostante per riassumere il tutto, l'eterna lotta tra la Soul Calibur e la Soul Edge si riveli sicuramente interessante. Non mi addentro molto nella trama perchè ininfluente allo sviluppo di questo gioco, ma gli sviluppatori hanno cercato di far luce su alcuni retroscena portando avanti la vicenda da dove si era interrotta con un quadro cronologico spesso dettagliato e qualche colpo di scena. Sinceramente però la presenza dei personaggi di Guerre Stellari è piuttosto stupida e da un senso di operazione commerciale senza limiti e piuttosto bieca. L'impressione che questi siano stati aggiunti dopo che il titolo era già avanti con lo sviluppo, deriva dal bilanciamento certo non eccellente di personaggi come l'apprendista, che se non padroni delle mosse del gioco diventa davvero difficile da affrontare, addirittura molto più che con Yoda o Lord Fener, anche loro piuttosto mal bilanciati. Poi oltre che forare completamente il senso storico (anche se piuttosto fantasioso) delle ambientazioni, misto incredibilmente al futuristico ed i principi della fisica, con spade laser contro spade metalliche, questo episodio di Soul Calibur si mangia letteralmente la modalità storia, relegandola a sei combattimenti in successione con tanto di finale, cosa che ammazza non di poco la longevità e di molto lo spessore del titolo, reso piuttosto ridicolo già dalla presenza dei cavalieri Jedi. Dire che questa è una gravissima involuzione del titolo è doveroso, per renderci conto che grafica a parte porta indietro la serie fino per certi versi ad essere l'episodio peggiore di questo franchise.

Nonostante tutto è importante sottolineare come anche questa volta la struttura sia rimasta sostanzialmente identica agli altri episodi, per cui se questi erano eccellenti, altrettanto questo lo è a sua volta, coadiuvato dall'entusiasmo di un esordio per le nuove piattaforme in alta definizione che portano lustro e qualità grafica al titolo, mentre il gameplay pare aver subito qualche modifica risultando ora meno sincronizzato e più lento, piccoli cambiamenti che provocano un terremoto a livello strategico. Il motivo è un abbassamento non voluto della difficoltà che ora concede qualche pausa in più negli scontri evitando il concatenamento di mosse che un tempo nelle mani di chi sapeva giocare rappresentava un arma temibile senza diritto di replica. Questa, se voluta, però si rivela una scelta apprezzabile e interessante per chi non è molto avvezzo con Soul Calibur oppure a chi ci gioca in modo superficiale. Interessante invece le novità introdotte come per esempio la distruzione delle armature man mano che in determinati punti ricevono ripetutamente danno(elmo, gambali ecc) fino a lasciare letteralmente in mutande il lottatore. Altra novità interessante è il Critical finish, un colpo in grado di porre immediatamente fine all'incontro grazie ad un unico attacco dagli effetti decisamente letali. Queste novità portano inevitabilmente a strategie difensive fin'ora sconosciute a chi era abituato col tipico Soul Calibur.

Conscio che da una parte ludica questo prodotto sia e rimanga ottimo, non si può fare a meno di sorridere amaramente in favore dell'esclusione della intrigante modalità storia, per dei rimpiazzi certo non all'altezza. In merito a queste mancanze, l'introduzione forzata del gioco online appare ben poca cosa anche perchè piuttosto limitata. Il valore del titolo è comunque indiscutibile benchè le novità aggiunte siano poca cosa rispetto alle mancanze. Si conferma probabilmente il peggior episodio della serie, ma nonostante questo è un titolo qualitativamente eccellente, sicuramente allo stesso livello ma non migliore di titoli come Virtua Fighter V e Dead or Alive IV. Considerazione interessante nel far capire quanto questa serie sia stata qualitativamente importante in questi anni. (danleroi)

+ grafica ed animazioni stupende
+ effetti sonori eccellenti
+ personalizzazione dei personaggi dettagliata
- persa la modalità storia, rimane poco più di un arcade.

Voto: 7 su dieci.


lunedì 1 settembre 2008

Namco Smash Court Tennis 3


Non è semplice amalgamare il realismo di una simulazione come Top Spin 3 con il tipico approccio arcade di titoli come Virtua Tennis 3 di SEGA. In passato, la serie di Namco, si era contraddistinta anch'essa per il divertente approccio tipico arcade delle sue produzioni, infatti se si analizza, ad esempio, un episodio qualsiasi di Smash Court Tennis (tranne il Kournicova) risulta palese la condizione umoristica voluta dagli sviluppatori, situazione che permea la strutturazione stessa del titolo. Ne conveniva una giocabilità di buon livello, ma lontana chiaramente dai fasti di una simulazione vera e propria. Smash Court Tennis 3 interviene, con la sua grafica pulita ma non troppo appariscente, con un sonoro nella media ma nulla più, con dei tennisti bene animati ma non eccelsi provando ad interporsi come via di mezzo fra il realismo del recente titolo 2kSports ed il famoso arcade SEGA, senza purtroppo centrare il suo obiettivo.

Le premesse, nonostante il blasone del titolo, davvero però non c'erano proprio: conversione da PSP. Ovvero il portatile Sony, alla quale questo gioco è stato originariamente sviluppato, peraltro con mediocri risultati. Ed infatti mantiene troppi contatti con questa versione, perchè i menù di gioco e parte delle stesse animazioni derivano a piè mani proprio dalla controparte mobile del gioco. Il perchè di una scelta tale, ovvero di "sporcare" un prodotto che negli anni, a partire dal mitico Smash Tennis per SNES si è da sempre imposto come uno dei migliori giochi di tennis non si sa bene, ma da quando Namco si è fusa con Bandai non tutte le scelte si rivelano azzeccate come ad un tempo, lasciando intendere un abbassamento qualitativo anche nelle granitiche versioni da sala giochi un tempo invece sempre eccellenti (chi ha detto Tekken 6?).

Ma analizziamo il perchè di quel brutto voto laggiù in fondo a fine testo:
Innanzitutto, come già lasciato intendere, ci troviamo un prodotto che tecnicamente non sta in piedi, questo nonostante l'impegno messo da Namco per ripulire le texture, troviamo infatti modelli poligonali essenziali, specie negli sfondi, aliasing in quantità, ombre poco dinamiche e sopratutto il comparto animazioni davvero limitato e non certo paragonabile a quello di un tipico gioco per Xbox 360, lasciando l’impressione che da quanto visto su PSP ben poco sia effettivamente cambiato, ed in certi casi, nulla. Anche la velocità base del titolo assolutamente non è adatta ad una console casalinga e risulta zoppicante in più di un occasione, risultando in un contesto generale legnoso. La parte audio invece si attesta nella norma, perchè anche se si è sentito di meglio, tuttavia rende bene gli effetti in campo è questa la cosa più importante. L’Intelligenza Artificiale che regola gli avversari è discretamente buona, nonostante alcuni svarioni abbastanza evidenti però certi cambi di ritmo e certe risposte lasciano intendere comunque un certo lavoro dietro anche se evidentemente non completo.

La parte derivativa del gioco, ovvero i menù e le varie modalità, si mantengono qualitativamente nella norma, con la possibilità canonica di disptare amichevoli o creare un nostro alter-ego da zero e farci fare la carriera. Proprio quest'ultima, chiamata PRO TOUR mostra una certa qualità del titolo. Ci permetterà infatti di iniziare dalle competizioni più piccole fino poi diventare un professionista, ma con un sistema simile a quello degli RPG che assegnerà dei punti alla fine di ogni match carriera o d’allenamento, da distribuire tra abilità e stili differenti permettendo di modellare il proprio tennista sullo stile di gioco preferito. Come in altri giochi, il riferimento temporale è basato su una agenda che tiene conto dei nostri impegni da sostenere tenendo d’occhio il fattore resistenza, rendendo spesso necessario un periodo di riposo. Poi come sempre i consueti contratti con gli sponsor, ricezione di lettere, shop di personalizzazione e quant'altro, su questo a Smash Court Tennis 3 non manca assolutamente nulla.

Il risultato finale è un titolo discreto nella parte oggettiva della quantità, ma sicuramente insufficente nella sua interezza di gioco. Le colpe che maggiormente si porta dietro sono imputabili ad una bassa qualità di gioco che porta ad una notevole dose di pazienza prima di poter imparare a controllarlo per bene. Se Namco avesse puntato su una struttura di gioco meno ibrida avrebbe sicuramente sbagliato meno, invece per le mani ci ritroviamo un prodotto che non può essere arcade per via della distribuzione dei tasti e delle azioni e oltre che una certa macchinosità, e che non può certo essere simulativo perchè mancante in buona parte di una struttura realista. A fronte di questa bassa performance, consiglio il titolo solo a chi si è già sbranato Top Spin 3 e Virtua Tennis 3, perchè altrimenti vi conviene puntare su uno dei due, chiaramente in base alle vostre attitudini di gioco. Invito infine Namco ad abbandonare la strada intrapresa a favore di un piacevole ritorno al passato con tanto di personaggi e campi di fantasia, oppure ad uno sviluppo simulativo più mirato e di qualità specialmente nella parte giocata. (danleroi)

+ carriera con elementi RPG
- lentezza e legnosità nei movimenti
- poche animazioni e grafica di origine PSP
- non è simulativo ma nemmeno arcade

Voto: 4 su dieci