venerdì 9 aprile 2010

Blast Dozer (Blast Corps)

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Quando ai bei tempi su console si giocava prevalentemente a platform, picchiaduro e racing game di stampo arcade, su Nintendo 64 si affacciò un gioco piuttosto particolare in quanto privo di genere d'appartenenza. Oggi ci siamo abituati a diversi crossover di giochi, che mettono nel frullatore diversi tipi di gameplay creando spesso pastrocchi ingiocabili o frustranti, ma ai tempi i videgames erano tutti ben definiti e distinti, tant'è che per le varie somiglianze fra titoli si usava ancora la parola "clone". Oggi se vorremmo usare tale termine con lo stesso criterio d'un tempo, ci ritroveremo sommersi solo da cloni perché l'originalità per buona parte è andata a farsi benedire.
Blast Dozer però non era cosi: sfuggiva ad ogni azione descrittiva: ne gioco di corse, ne puzzle e neanche un rts, ma rendeva in cambio un gamplay originalissimo e brillante. Ancora oggi, dopo aver ampiamente soffiato nel cartuccione della mia versione giapponese del gioco, trovo che conservi quello status di originalità profonda che tanto avevo apprezzato ai tempi. Ma chi poteva a quei tempi creare un gioco così apolide per il bel Nintendone secondo voi se non i ragazzacci di Rare? Infatti Blast Dozer, conosciuto in occidente con il nome di Blast Corps, fu sviluppato da Rareware per etichetta Nintendo e rilasciato a noi comuni mortali nella primavera del 1997. Considerato un action puzzle con forti dosi di time attack, in realtà come da premessa iniziale, lo sviluppo embrionale dell'idea nata al team dei fratelli Stamper era così assai originale da mandare in crisi i videoplayers d'epoca, che abituati a sapere sempre cosa compravano, non riuscivano mai a definire di cosa trattasse il gioco. Il concept di gioco però non era affatto complicato o adatto a pochi, non vantava una trama elaborata e nemmeno causava pesantezza e brutti mal di testa. Mi sto dilungando un po' troppo, lo so bene, ma per spiegarvi come si deve il suo gameplay devo partire da lontano, arricchendo di queste premesse il testo perché davvero ancora oggi non è facile descrivere questo titolo nemmeno per me che sono un bel chiacchierone.

Il gioco inizia con una serie di brevi e semplici missioni che guidano il videogiocatore nell'apprendimento di ogni singolo mezzo. Un camion carico di esplosivo nucleare avanza minaccioso verso centri abituati. Jack Bauer non c'è, quindi non c'è possibilità di deviare la sua rotta o bloccarlo e basta anche il più piccolo imprevisto o collisione che rischiamo la detonazione. Per evitare che questa avvenga dunque, bisogna lasciarci campo libero e rimuovere ogni oggetto che possa trovarsi d'intralcio, compresi palazzi e grattacieli se necessario, demolendo ogni cosa velocemente per evitare il game over. Una freccia indica la direzione da seguire per incontrare le costruzioni indesiderate, aggiornandosi di volta in volta per segnalare quella più prossima al camion nucleare. Bene, ma con cosa liberiamo il cammino al camion? Beh, come dicevo ogni missione tiene diversi mezzi adibiti al travaglio, ma naturalmente proseguendo nel gioco ne sbloccheremo altri migliori e più adatti, al pari passo con la maggiore difficoltà che il gioco stesso via via amplierà severamente. I mezzi a nostra disposizione tuttavia saranno molteplici e distinti nel loro utilizzo, niente goliardata arcade dunque, ma serio apprendistato dietro ad ogni singola possibilità che questo ci permette di utilizzare. Per fortuna la struttura del gioco ci viene incontro con livelli dedicati apposta al loro singolo utilizzo, ma non immaginatevi un tutorial, perché come ai bei tempi, per padroneggiare un gameplay bisogna tentare e ritentare ancora, con debita frustrazione nel caso non ci riusciamo. Risolto un livello poi sara pure necessario rivisitarlo (senza time limit stavolta) per ripulire definitivamente il campo scovando una serie di obiettivi secondari importanti che daranno poi l'accesso a stage bonus o semplicemente incrementare lo score. In ogni livello infatti è necessario liberare un certo numero di civili abbattendo i palazzi dove si nascondono, attivare dei piccoli segnalatori luminosi, scovare eventuali postazioni radar in grado di sbloccare bonus e se vogliamo contattare degli scienziati senza i quali non è possibile godersi per bene la sequenza finale ed altro ancora. I livelli di gioco sono tanti e quindi la longevità è assicurata. Infine l'alternarsi di questi non ha un percorso prestabilito visto che sono accessibili tramite una strana mappa a ragnatela che si dirama di volta in volta offrendo parecchi percorsi alternativi, missioni e minigiochi divertenti che ricordano per brevi estratti capolavori come Micromachines e PilotWings.

Tecnicamente Blast Dozer oggi si presenta ovviamente datato, ma vantando in origine una grafica minimalista e dei controlli precisi, nemmeno più di tanto. Sarebbe bello infatti una eventuale conversione per NDS, magari proprio per quello nuovo in tre dimensioni, visto come la visuale dall'alto si presterebbe facilmente a tali scopi garantendo maggior immersione. Tuttavia le potenzialità del Nintendo 64 ai tempi furono ben sfruttate: le texture sono curatissime, come solo questa console ai tempi permetteva. Poi non c'è il minimo pop-up ed il frame rate a mio dire sembra piuttosto stabile. I contorni dei poligoni prevedono ampio uso di anti-aliasing e si vede, anche se naturalmente il tutto per gli standard di fine anni novanta. Gli effetti sonori sono splendidi, come anche visivamente le varie esplosioni (che nel gioco abbondano) rendono bene l'effetto di devastazione. Il punto forte tuttavia di Blast Dozer è la sua giocabilità, ed ogni mezzo utilizzato per spianare la strada al camion nucleare risponde perfettamente ad un tipo di gameplay. Esistono poi altri mezzi di trasporto, dal treno al furgone per spostare da un luogo all'altro i nostri mezzi offensivi. Di questi invece ne esistono otto, tutti molto distinti fra loro: una ruspa cingolata capace di appiattire qualsiasi costruzione passandoci sopra; la moto capace di sparare missili; un autoarticolato che distrugge i suoi obiettivi utilizzando l'estensione dei montoni sul lato destro e sinistro della sua sezione posteriore; un lento autocarro con cassone ribaltabile; una dune buggy piccola e veloce con un booster con il quale viaggiare ad alta velocità; un robot potentissimo ideale per la distruzione degli edifici di grandi dimensioni; un piccolo esoscheletro robotico a motore, con il quale distruggere edifici di medie dimensioni ed infine un bellissimo mech con tanto di jet-pack e quindi adibito al volo e dunque in grado di distruggere dall'alto. Ognuno di questi strumenti offensivi vanta quindi un pregevole e profondo sistema di controllo, ed utilizzarli con intelligenza all'interno dei diversi "puzzle" che il gioco richiede non sarà facile, ma nemmeno proibitivo, perché Blast Dozer vanta anche una notevole curva di apprendimento alla vecchia maniera e se lo dico io che gioco alla versione giapponese potete fidarvi.

Impressionante l'abilità con cui nelle oltre sessanta missioni Rare sia riuscita ad imprimere un modus operandi per ogni stage, costringendovi dopo due o tre simili ad utilizzare tutte le vostre risorse intellettuali per risolvere il percorso. Tale profondità di gioco conferma come questo prodotto si meriti appieno di appartenere alla folta schiera dei capolavori di Rare e con un posto di prestigio pure, perché di rado si sono visti lavori di level design cosi precisi e superlativi, al punto da lasciare meravigliati a percorso completato di come siamo riusciti a completarlo. Il mio consiglio dunque è di ricorrere ad ogni mezzo per procurarvelo e giocarci, perché davvero questa industria sente il bisogno oggi di produzioni di questo calibro fondate non troppo sulla magnificenza grafica ma sulla solidità del suo gameplay. Blast Dozer nel suo piccolo è un capolavoro più puro e più videogame di tanti presunti masterpiece odierni. Rare nel 1997 si confermava con Nintendo la miglior software house in circolazione, e viene giù una lacrimuccia se pensiamo che oggi sembra appena la controfigura di se stessa. Il camion nucleare purtroppo ho come l'impressione che l'abbia preso in pieno.

(danleroi)

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